
Pochi giorni fa mi sono arrabbiata con una persona cara che, frustrata dal comportamento della figlia, insisteva perché reagisse: uscisse di casa, cercasse un nuovo lavoro, e, soprattutto, lasciasse definitivamente il partner che la fa soffrire da tempo. Secondo lei, se avesse dato ascolto a questi consigli, ora starebbe bene.
Queste situazioni mi innervosiscono, perché mi ricordano quanto spesso amici e familiari, pur spinti dalle migliori intenzioni, adottino un approccio risolutivo che però può risultare controproducente.
Poi rifletto su ciò che insegno ai miei pazienti e su quello che ho imparato in vent’anni di lavoro con i caregiver, oltre che sulla mia esperienza personale: arrabbiarsi non serve, ma spiegare con calma può fare la differenza.
Capisco quanto possa essere frustrante prendersi cura di qualcuno che non sta bene. È doloroso, genera rabbia e senso di impotenza, ma possiamo davvero fare la differenza, a patto di agire non solo con il cuore, ma anche con consapevolezza.
Quando siamo tristi, delusi o arrabbiati con noi stessi, non abbiamo sempre la forza di reagire immediatamente. In quei momenti, non abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica cosa fare. Quello di cui abbiamo bisogno è essere ascoltati in modo autentico, con empatia. Solo sapere che qualcuno sta comprendendo davvero come ci sentiamo, senza giudicare, può alleviare il senso di solitudine.
Spesso siamo già consapevoli che prenderci cura di noi stessi, vedere amici o fare nuove esperienze potrebbe aiutarci a stare meglio, ma a volte è più difficile di quanto sembri. Sapere che qualcuno è lì per noi, anche solo per ascoltarci senza fare pressioni, può fare la differenza. Dire frasi come "chiama tu quando ti senti meglio" può sembrare rispettoso, ma chi sta male potrebbe interpretarlo come un rifiuto, o peggio, come un segnale di essere un peso.
Molte persone pensano che la cura di sé significhi risolvere tutto da soli. In realtà , parte di questo processo consiste nel cercare supporto, sia da professionisti, sia da amici e familiari. Il sostegno esterno è spesso essenziale per guarire e crescere.
Se una persona trova il coraggio di ammettere che sta male, non smettete di cercarla solo perché non risponde subito. A volte, anche solo ricevere un messaggio, pur senza rispondere, fa capire che non è sola.
Dategli tempo. A volte alzarsi dal letto, vestirsi o uscire può sembrare insormontabile. Non fate sentire quella persona peggiore di quanto già si senta. Quando starà meglio, si ricorderà di chi è rimasto presente nei momenti più difficili.
Se la persona sembra troppo demoralizzata per uscire o parlare con qualcuno, chiedete se se la sente di vedere un professionista. Non lasciatela sola a gestire quello che potrebbe essere più di un semplice momento di tristezza. Suggerire un aiuto esterno può essere utile, senza dare per scontato che si tratti di un momento passeggero.
C’è l’idea che esista una formula universale per la cura di sé, ma ognuno ha esigenze diverse. Ciò che funziona per una persona potrebbe non funzionare per un'altra. È importante trovare ciò che ci fa stare bene, senza sentirsi obbligati a seguire schemi predefiniti.
Soprattutto, se volete essere d'aiuto, evitate di fare i "terapisti fai-da-te" con consigli facili. Rimanete in ascolto, senza giudizio, e ricordate che a volte la cosa più preziosa che potete offrire è la vostra presenza, anche silenziosa e incondizionata.
Non sempre possiamo "aggiustare" il dolore degli altri, ma possiamo fare moltissimo semplicemente ascoltando e stando accanto a chi soffre.
"Lo senti di che dolcezza e attenzione è capace la parola 'io sono qui'?" (Fabrizio Caramagna)
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