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  • LA TEORIA DELL’ATTACCAMENTO: COME IL NOSTRO PASSATO INFLUENZA LE RELAZIONI PRESENTI

    Hai mai notato che nelle relazioni ci portiamo dietro certi schemi, paure o aspettative? La teoria dell’attaccamento ci aiuta a capire da dove provengono. Sviluppata negli anni ’50 dallo psicologo John Bowlby, questa teoria spiega come le prime relazioni con i nostri caregiver (genitori o figure di riferimento) influenzino il nostro modo di amare e di relazionarci in età adulta. Conoscere il proprio stile di attaccamento può essere un primo passo per comprendere le radici delle proprie difficoltà nelle relazioni e aprirsi a legami più sani e gratificanti. Che Cos’è la Teoria dell’Attaccamento? La teoria dell'attaccamento si basa sull'idea che ogni bambino sviluppa una "mappa" interna delle relazioni in base alle interazioni con chi si prende cura di lui. Se il bambino riceve amore, protezione e sicurezza, crescerà con una visione positiva di sé e degli altri. Al contrario, se le cure sono incoerenti, assenti o addirittura traumatiche, si svilupperanno schemi di attaccamento insicuri che, spesso inconsciamente, influenzeranno la vita emotiva e le relazioni da adulti. Perché Conoscere il Proprio Stile di Attaccamento è Utile? Capire il proprio stile di attaccamento può essere liberatorio: significa riconoscere i propri modelli di comportamento, comprendere le proprie reazioni emotive e aprirsi alla possibilità di un cambiamento positivo. Per molte donne che si sentono sole o incerte, riconoscere come gli stili di attaccamento influenzano la loro vita può dare il via a un percorso di consapevolezza e crescita emotiva. I Quattro Stili di Attaccamento Vediamo ora i quattro principali stili di attaccamento, così da capire come influenzano i nostri rapporti in età adulta. 1. Attaccamento Sicuro:    Le persone con un attaccamento sicuro sono cresciute con un senso di fiducia e stabilità. Hanno appreso che è sicuro contare sugli altri e che possono fidarsi di loro. In età adulta, si sentono a proprio agio sia con l'intimità sia con l'autonomia. Costruiscono relazioni basate su rispetto e comunicazione aperta, dove i conflitti vengono affrontati in modo collaborativo. 2. Attaccamento Insicuro Evitante:    Chi ha uno stile di attaccamento evitante ha imparato a non fare affidamento sugli altri per il supporto emotivo, forse perché i caregiver erano emotivamente distanti. Da adulti, queste persone tendono a evitare l’intimità e a mantenere una certa distanza emotiva. Sono spesso autosufficienti e possono apparire fredde o distaccate nelle relazioni, cercando di mantenere il controllo per evitare di sentirsi vulnerabili. 3. Attaccamento Insicuro Ambivalente:    Questo stile nasce quando il bambino riceve cure incostanti e impara a temere l’abbandono. Da adulto, una persona ambivalente può risultare bisognosa e avere un forte bisogno di rassicurazione. Nelle relazioni, tende a preoccuparsi eccessivamente e può risultare possessiva o ansiosa, temendo continuamente il rifiuto o la perdita dell’altro. 4. Attaccamento Disorganizzato:    Infine, lo stile disorganizzato è comune in chi ha vissuto esperienze traumatiche o situazioni di abuso. Il bambino desidera la vicinanza ma, allo stesso tempo, ne ha paura. Questo porta a un comportamento contraddittorio nelle relazioni adulte, dove si alternano periodi di intensa vicinanza a momenti di ritiro. Le persone con attaccamento disorganizzato possono sentirsi intrappolate tra il desiderio di amare e la paura di farsi male. Verso Relazioni più Consapevoli Conoscere e comprendere il proprio stile di attaccamento è il primo passo per rompere i modelli che ci tengono intrappolati in relazioni disfunzionali. Per chi sente un senso di solitudine o si trova spesso in relazioni instabili, questa consapevolezza può fare la differenza. In terapia, lavorare sul proprio stile di attaccamento aiuta a sviluppare una base emotiva più sicura, a costruire relazioni appaganti e a creare una connessione autentica con gli altri. Capire come il nostro passato influenzi il presente è uno degli aspetti più potenti della crescita personale. La teoria dell’attaccamento ci offre una lente preziosa per riflettere su chi siamo nelle relazioni e su come possiamo migliorare. Intraprendere questo viaggio può aiutarci a costruire legami più sani e soddisfacenti, dove l'amore e la fiducia possano crescere in modo naturale. #versounportosicuro🌀

  • PAURA E FRUSTRAZIONE: NAVIGARE TRA OMBRE E CONSAPEVOLEZZA

    Nella vita, ci troviamo spesso a fare i conti con due potenti emozioni: la paura e la frustrazione. Entrambe possono sembrare blocchi insormontabili, ma comprendere la loro origine e manifestazione può aiutarci a gestirle meglio e a trasformarle in strumenti di crescita personale. Paura: L'Ombra Che Parla di Noi La paura nasce da una percezione di minaccia. Può essere reale, come la paura di una situazione pericolosa, o immaginaria, legata a insicurezze emotive o sociali. Quando siamo spaventate, il nostro corpo reagisce automaticamente: battito cardiaco accelerato, tensione muscolare e quel senso di allerta che ci fa desiderare di fuggire. Spesso, però, la minaccia che percepiamo non è esterna, ma interna – la paura del fallimento, del rifiuto o di non essere all'altezza. Eppure, la paura ha un ruolo importante: ci avverte dei nostri limiti, delle nostre fragilità, e ci chiede di ascoltarla. Affrontare la paura non significa ignorarla, ma riconoscerla come un campanello che ci invita a riflettere su cosa ci sta bloccando. Frustrazione: Il Sentiero Bloccato La frustrazione, d'altra parte, è spesso il risultato di obiettivi che sembrano irraggiungibili. Nasce quando un nostro desiderio o bisogno viene ostacolato, e questo ci porta a provare rabbia, irritazione o impotenza. Sentirsi frustrate può essere demoralizzante, soprattutto quando vediamo davanti a noi ostacoli che non sappiamo come superare. La frustrazione però, come la paura, è una reazione naturale. Ci indica che c’è un disallineamento tra ciò che vogliamo e ciò che possiamo ottenere in quel momento. Invece di vederla come una nemica, possiamo imparare a usarla come una bussola che ci mostra dove è necessario fare un passo indietro, rivedere i nostri obiettivi o trovare nuove strategie. Donne e Solitudine: Paure e Frustrazioni Comuni Per molte donne, la solitudine amplifica sia le paure che le frustrazioni. Ecco alcune delle emozioni più comuni: - Paura dell'abbandono: Il timore di essere lasciate sole, senza supporto, è una delle paure più dolorose. Questa sensazione di vulnerabilità può derivare da esperienze passate o da una bassa autostima.    - Frustrazione per la mancanza di connessioni: Sentirsi incapaci di costruire relazioni significative può farci sentire bloccate, alimentando un senso di vuoto e isolamento. - Timore di non essere comprese: Non riuscire a esprimere ciò che proviamo, per paura di essere fraintese o giudicate, può farci sentire ancora più sole. Superare le Ombre: Dal Buio alla Consapevolezza Affrontare paure e frustrazioni non è facile, ma è possibile. Ecco alcuni passi che possono aiutarci a trasformare queste emozioni in consapevolezza: 1. Accettare la paura: Invece di respingerla, accettare la paura ci permette di vederla per quello che è: un segnale che ci chiede di ascoltarci. Prendersi un momento per riflettere sulle proprie paure aiuta a ridurre la loro presa su di noi. 2. Canalizzare la frustrazione: La frustrazione può diventare una potente motivazione per agire. Quando ci sentiamo bloccate, possiamo chiederci: "Cosa posso cambiare? Qual è il primo piccolo passo che posso fare?" 3. Coltivare il supporto: Non dobbiamo affrontare tutto da sole. Cercare persone di fiducia, che siano amici, familiari o professionisti, può aiutarci a vedere le cose da una nuova prospettiva e a sentire meno il peso delle nostre emozioni. 4. Trovare nuove strategie: Paura e frustrazione spesso ci indicano che è necessario un cambiamento. Rivedere i nostri obiettivi, chiedere aiuto o semplicemente concederci tempo per riflettere sono modi per trasformare queste emozioni in occasioni di crescita. Conclusione La paura e la frustrazione fanno parte del nostro viaggio, ma non devono bloccarci. Riconoscerle, ascoltarle e imparare da loro ci offre l'opportunità di crescere e di scoprire nuove risorse dentro di noi. Solo accettando queste emozioni possiamo trasformarle in forza e resilienza, aprendoci a una maggiore consapevolezza e alla possibilità di vivere con più autenticità. Non si tratta di eliminare la paura o la frustrazione, ma di imparare a conviverci e usarle come strumenti di trasformazione personale. Il vero cambiamento avviene quando smettiamo di vedere queste emozioni come ostacoli e iniziamo a percepirle come parti integranti del nostro percorso di crescita. «Volare mi fa paura » stridette Fortunata  alzandosi. «Quando succederà, io sarò accanto a te» miagolò Zorba leccandole la testa.” - Luis Sepúlveda #versounportosicuro🌀

  • PRENDERSI CURA DI CHI SOFFRE: QUANDO I FALSI MITI DIVENTANO OSTACOLI

    Pochi giorni fa mi sono arrabbiata con una persona cara che, frustrata dal comportamento della figlia, insisteva perché reagisse: uscisse di casa, cercasse un nuovo lavoro, e, soprattutto, lasciasse definitivamente il partner che la fa soffrire da tempo. Secondo lei, se avesse dato ascolto a questi consigli, ora starebbe bene. Queste situazioni mi innervosiscono, perché mi ricordano quanto spesso amici e familiari, pur spinti dalle migliori intenzioni, adottino un approccio risolutivo che però può risultare controproducente. Poi rifletto su ciò che insegno ai miei pazienti e su quello che ho imparato in vent’anni di lavoro con i caregiver, oltre che sulla mia esperienza personale: arrabbiarsi non serve, ma spiegare con calma può fare la differenza. Capisco quanto possa essere frustrante prendersi cura di qualcuno che non sta bene.  È doloroso, genera rabbia e senso di impotenza, ma possiamo davvero fare la differenza, a patto di agire non solo con il cuore, ma anche con consapevolezza. Quando siamo tristi, delusi o arrabbiati con noi stessi, non abbiamo sempre la forza di reagire immediatamente. In quei momenti, non abbiamo bisogno di qualcuno che ci dica cosa fare. Quello di cui abbiamo bisogno è essere ascoltati in modo autentico, con empatia. Solo sapere che qualcuno sta comprendendo davvero come ci sentiamo, senza giudicare, può alleviare il senso di solitudine. Spesso siamo già consapevoli che prenderci cura di noi stessi, vedere amici o fare nuove esperienze potrebbe aiutarci a stare meglio, ma a volte è più difficile di quanto sembri. S apere che qualcuno è lì per noi , anche solo per ascoltarci senza fare pressioni, può fare la differenza. Dire frasi come "chiama tu quando ti senti meglio" può sembrare rispettoso, ma chi sta male potrebbe interpretarlo come un rifiuto, o peggio, come un segnale di essere un peso. Molte persone pensano che la cura di sé significhi risolvere tutto da soli . In realtà, parte di questo processo consiste nel cercare supporto, sia da professionisti, sia da amici e familiari. Il sostegno esterno è spesso essenziale per guarire e crescere. Se una persona trova il coraggio di ammettere che sta male, non smettete di cercarla solo perché non risponde subito. A volte, anche solo ricevere un messaggio, pur senza rispondere, fa capire che non è sola. Dategli tempo. A volte alzarsi dal letto, vestirsi o uscire può sembrare insormontabile. Non fate sentire quella persona peggiore di quanto già si senta . Quando starà meglio, si ricorderà di chi è rimasto presente nei momenti più difficili. Se la persona sembra troppo demoralizzata per uscire o parlare con qualcuno, chiedete se se la sente di vedere un professionista. Non lasciatela sola a gestire quello che potrebbe essere più di un semplice momento di tristezza. Suggerire un aiuto esterno  può essere utile, senza dare per scontato che si tratti di un momento passeggero. C’è l’idea che esista una formula universale per la cura di sé, ma ognuno ha esigenze diverse. Ciò che funziona per una persona potrebbe non funzionare per un'altra. È importante trovare ciò che ci fa stare bene, senza sentirsi obbligati a seguire schemi predefiniti. Soprattutto, se volete essere d'aiuto, evitate di fare i "terapisti fai-da-te" con consigli facili. Rimanete in ascolto, senza giudizio , e ricordate che a volte la cosa più preziosa che potete offrire è la vostra presenza, anche silenziosa e incondizionata. Non sempre possiamo "aggiustare" il dolore degli altri, ma possiamo fare moltissimo semplicemente ascoltando e stando accanto a chi soffre . "Lo senti di che dolcezza e attenzione è capace la parola 'io sono qui'?"  (Fabrizio Caramagna)

  • "TUTTO CHIEDE SALVEZZA": L’INTENSITÀ DELLA SOFFERENZA E LA POTENZA DELLA CONDIVISIONE

    "Tutto chiede salvezza" è un libro autobiografico di Daniele Mencarelli, da cui è stata tratta l'omonima serie TV su Netflix. Il romanzo, pubblicato nel 2020, ha vinto il Premio Strega Giovani e racconta l'esperienza di Mencarelli durante una settimana di Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO). Daniele, un ventenne ipersensibile, si risveglia in un reparto psichiatrico e si ritrova a fare i conti con le sue paure più profonde, circondato da altri pazienti che condividono, ciascuno a suo modo, il peso della propria sofferenza. La serie TV segue fedelmente il percorso di Daniele, mostrando la sua evoluzione emotiva, ma espande la narrazione nella seconda stagione, dove il protagonista deve affrontare nuove sfide personali e professionali. La serie esplora in modo delicato e realistico temi profondi legati alla salute mentale, come lo stigma, l’isolamento e la ricerca di un senso di appartenenza. Mette in luce la vulnerabilità umana e, soprattutto, l'importanza delle relazioni come strumento di guarigione. Questi temi mi sono particolarmente cari, poiché ho avuto l’opportunità di lavorare come specializzanda psicoterapeuta in un SPDC di un ospedale milanese, un'esperienza che ha toccato profondamente il mio modo di essere terapeuta. L'esperienza nel SPDC: un incontro con la sofferenza reale Il lavoro in SPDC è stato, per me, un momento cruciale sia dal punto di vista professionale che emotivo. Essere giovane e inesperta mi ha portato inizialmente ad assumere una posizione di ascolto e osservazione. In quel reparto, ho incontrato pazienti disorientati, spaventati, arrabbiati e spesso sconnessi dalla realtà. Il clima cercava di essere rilassato, ma bastava uno sguardo, un gesto per far esplodere la calma apparente, e le modalità con cui venivano gestiti quei momenti non erano sempre condivisibili per me. Questa esperienza ha contribuito a farmi comprendere meglio la complessità della sofferenza psichica e mi ha insegnato a guardare oltre i comportamenti, verso le storie e i sentimenti dietro ogni paziente. Mi ha anche aiutato a sviluppare una maggiore empatia, una qualità che ho poi potuto coltivare ulteriormente grazie alla mia esperienza di 18 anni in un'associazione che si occupa di salute mentale, prima come volontaria e poi come formatrice e supervisore. La potenza dell’empatia e della condivisione In quell'associazione, ho avuto il privilegio di lavorare a stretto contatto con persone che soffrono di disagio psichico e con i loro caregiver, spesso invisibili e altrettanto sofferenti. Ho scoperto la forza della condivisione attraverso i gruppi di auto mutuo aiuto, in cui le persone possono raccontarsi senza paura di essere giudicate, trovando conforto e sostegno reciproco. La condivisione non è solo uno scambio di esperienze, ma un vero e proprio strumento di guarigione, che crea legami profondi e significativi. In "Tutto chiede salvezza”, i legami che Daniele instaura con gli altri pazienti diventano un'ancora di salvezza per tutti loro. Questo processo di empatia e condivisione rispecchia ciò che ho visto accadere nei gruppi di auto mutuo aiuto: attraverso l’ascolto e il supporto reciproco, le persone imparano a dare un nuovo significato al proprio dolore, trovando la forza per andare avanti. Empatia come strumento terapeutico L’esperienza in SPDC e il lavoro nell’associazione mi hanno insegnato che l’empatia è fondamentale nel mio ruolo di terapeuta. Non si tratta solo di ascoltare, ma di entrare in sintonia con le emozioni dell’altro, offrendo uno spazio di comprensione autentica e non giudicante. Come ho visto accadere in "Tutto chiede salvezza", dove Daniele impara che non è solo nelle sue lotte, anche nella mia pratica quotidiana ho osservato che la vera guarigione avviene quando ci si sente ascoltati e compresi. È nella relazione umana, nell’empatia e nella condivisione che risiede il vero motore del cambiamento. “Tutto chiede salvezza” esplora in profondità il dolore umano, ma anche la possibilità di trasformarlo in crescita grazie alle relazioni significative. La mia esperienza in SPDC e nel lavoro con i gruppi di auto mutuo aiuto ha confermato che la condivisione e l’empatia sono gli strumenti più potenti che abbiamo per affrontare la sofferenza e trovare una via di salvezza. “Un uomo  che contempla i limiti della propria esistenza  non è malato, è semplicemente vivo. Semmai è da pazzi   pensare  che un uomo  non debba mai andare in crisi.” - Daniele Mencarelli #GiornataMondialedellaSaluteMentale #tuttochiedesalvezza #versounportosicuro🌀

  • LA FORZA DELLA GRATITUDINE: UN PICCOLO GESTO PER UN GRANDE CAMBIAMENTO

    21 settembre: Giornata Mondiale della Gratitudine Istituita nel 1965 dal reverendo canadese William Arthur Ward, la Giornata Mondiale della Gratitudine è un’occasione speciale per riflettere sull’importanza di riconoscere e apprezzare le persone, le esperienze e le cose che danno significato alla nostra vita. Devo ammetterlo... quando studiavo all’Università, la "Psicologia del Benessere" e la "Psicologia Positiva" non erano temi affrontati, e tantomeno la Gratitudine. Prima di scrivere questo articolo, ho voluto documentarmi meglio, perché non vorrei mai che sui miei canali passasse l’idea che esista la bacchetta magica per superare ogni malessere o disagio. Non basterà essere grati per accettare le sofferenze che stiamo vivendo, o per evitare di entrare in contatto con le nostre emozioni dolorose e le convinzioni negative che ci condizionano. Negli ultimi anni, il termine gratitudine è apparso sempre più frequentemente nella ricerca scientifica. Solo su PubMed (una delle principali banche dati biomediche) è stato citato in modo esponenziale negli ultimi quattro anni, ed esistono centinaia di libri ed esercizi pubblicati recentemente. Nel 2003 Emmons e McCullough pubblicarono il libro "The Psychology of Gratitude", esplorando il ruolo della gratitudine nel miglioramento della salute psicologica e fisica. Da allora, il concetto ha acquisito crescente rilevanza nella psicologia moderna. Cos'è la gratitudine e perché è così importante? La gratitudine non è solo un semplice "grazie". È un atteggiamento mentale che può trasformare la nostra vita. Si tratta di riconoscere il valore di ciò che abbiamo, dalle persone alle esperienze. Coltivare la gratitudine ci permette di vedere il mondo con occhi diversi, favorendo l’apertura e l’accoglienza. Quando la pratichiamo, ci focalizziamo sugli aspetti positivi, anche nei momenti difficili, e questo ci aiuta a crescere emotivamente, disinnescando il “pilota automatico”, che distorce il nostro modo di vedere noi stessi e il mondo. Perché la gratitudine è diventata così rilevante in psicologia? Promuove il benessere psicologico: la gratitudine è associata a livelli più alti di felicità e minori sintomi di depressione e ansia. 2. Migliora le relazioni: riconoscere e apprezzare gli altri rafforza i legami sociali, promuovendo empatia e generosità. 3. Riduce l'isolamento: coltivare la gratitudine ci aiuta a sentirci più connessi e meno soli. 4. Aumenta la resilienza: la gratitudine ci permette di vedere il lato positivo anche nei momenti difficili, rendendoci più forti di fronte alle sfide. 5. Migliora il sonno e riduce lo stress: praticarla aiuta a calmare la mente, riducendo pensieri negativi e favorendo un sonno migliore. 6. Incrementa la soddisfazione della vita: praticare la gratitudine quotidianamente ci porta a sentirci più soddisfatti e realizzati. Esercizi di gratitudine Ti invito a provare questi due esercizi per praticare la gratitudine nei prossimi giorni, per iniziare a capirne il senso e, perché no, la potenza: Diario della gratitudine : Ogni giorno, per una settimana, scrivi tre cose per cui sei grata. Questo aiuta a focalizzarsi sugli aspetti positivi della vita e a creare un’abitudine di riflessione quotidiana. Vasetto della gratitudine: Ogni giorno scrivi su un piccolo foglietto qualcosa per cui sei grata e inseriscilo in un vasetto (anche quello dello yogurt va bene… lavato!). Alla fine della settimana, rileggi i foglietti per riflettere su tutte le cose positive che ti sono successe. La gratitudine è un potente strumento per migliorare il benessere psicologico e sociale. Può diventare parte della nostra vita, se ci facciamo coinvolgere emotivamente, e non lo eseguiamo in modo meccanico e come una moda del momento da seguire. E… ditelo un "grazie" anche quando qualcuno vi tiene la porta aperta. Riceverete in cambio un sorriso, non è stupendo? "Provo quel senso di gratitudine profonda di fronte a un tramonto e a un sorriso. Due straordinarie meraviglie della natura." - Stephen Littleword #GiornataMondialeDellaGratitudine #versounportosicuro🌀

  • SOGNARE: UNA GUIDA VERSO I TUOI OBIETTIVI, NONOSTANTE LE PAURE

    Il 25 settembre celebriamo la Giornata Mondiale dei Sogni, una data che ci invita a riflettere sul potere dei nostri desideri e sulla loro capacità di trasformare la nostra vita. Non è solo una celebrazione, ma un'opportunità per fermarci a pensare cosa significhi davvero sognare, e come possiamo continuare a farlo, anche quando la vita sembra complicata o ci sentiamo bloccate. Il Potere dei Sogni nelle Fasi Difficili Sognare non è un privilegio riservato a chi ha già tutto sotto controllo. È una forza disponibile per tutte, anche per chi affronta momenti di solitudine, dubbi e difficoltà. Questa giornata speciale ci ricorda che i sogni sono il motore del cambiamento e della resilienza. Anche quando ci sentiamo sole o insicure, i sogni ci danno speranza e ci aiutano a non mollare. Cambiare Prospettiva sui Sogni La Giornata Mondiale dei Sogni non è solo un invito a sognare, ma anche a riflettere sul significato dei sogni stessi. Spesso, sopraffatte dalle sfide quotidiane, i nostri sogni ci sembrano irraggiungibili o non prioritari. Eppure, proprio in quei momenti, sognare è la luce che ci permette di affrontare le difficoltà con un nuovo slancio. Paure e Sogni: Il Paradosso del Sognatore I sogni, anche quelli più belli, sono spesso accompagnati da paure e insicurezze. "Sono abbastanza forte?", "E se fallisco?". Questi dubbi tormentano chi si sente sola o incerta sul proprio futuro. Ma la Giornata Mondiale dei Sogni ci invita a non lasciarci paralizzare dalle paure. Anzi, ci incoraggia a vedere nei sogni un'ancora per superare le difficoltà. Sognare nonostante le Sfide Inseguire un sogno non è sempre facile e non deve necessariamente essere un'impresa grandiosa. Spesso basta fare un piccolo passo alla volta. Anche quando il cammino sembra lungo o in salita, è importante ricordare che i sogni danno significato alla nostra vita e ci aiutano a superare i momenti difficili. Come Inseguire i Tuoi Sogni 1. Identifica i tuoi sogni: Prenditi del tempo per riflettere su cosa desideri veramente. Scrivi i tuoi sogni e visualizzali come obiettivi concreti.     2. Crea piccoli passi: Non servono grandi gesti. Suddividi il tuo sogno in obiettivi piccoli e realizzabili. Ogni piccolo traguardo ti avvicinerà al tuo obiettivo.     3. Accetta la tua vulnerabilità: È normale avere paura o sentirsi insicure. Ammettere queste emozioni è il primo passo per superarle e trovare forza.     4. Trova il tuo ritmo: Il cammino verso i sogni non è una gara. Ascolta te stessa, rispetta i tuoi tempi e goditi ogni fase del percorso. Conclusione La Giornata Mondiale dei Sogni ci ricorda che sognare non è solo un diritto, ma una necessità per vivere una vita autentica e soddisfacente. Non importa quanto grandi o piccoli siano i nostri sogni, ciò che conta è il coraggio di crederci e la forza di inseguirli, nonostante le paure e le difficoltà che incontriamo lungo il cammino. “Noi soffriamo per i sogni. Noi guariamo con i sogni” - Gaston Bachelard #GiornataMondialeDeiSogni #versounportosicuro🌀

  • SE TI POTESSI DIRE…

    Noi fan di Vasco abbiamo atteso a lungo l'uscita di questa canzone. Quest'anno, ascoltarla dal vivo a San Siro, e ancora prima al Soundcheck a Bibione, è stato da brividi… basta dire: “Nanananaaaa… senza rimpianto!”. Mi piacerebbe analizzare il testo di questa canzone dal punto di vista psicologico, poiché offre una testimonianza di vita vissuta, raccontata con consapevolezza e senza paura, trasmettendo infine un messaggio di speranza. “Se ti potessi dire Quante volte ho voluto morire Quante volte camminando sul filo Sono stato, sono arrivato vicino All’inferno della mente Quell’inferno che esiste veramente Se ti potessi dire Quante volte ho pianto per capire Quante volte sono stato sul punto di lasciarmi andare All’inferno della mente Quell’inferno che esiste veramente” Non è sempre facile riconoscere a se stessi, o agli altri, la sofferenza che abbiamo vissuto. È ancora più difficile raccontare quel dolore che fa perdere ogni speranza, che dà la sensazione di sprofondare sempre più in basso, in un abisso. La mente ha un potere immenso, capace di farci smarrire proprio in ciò che credevamo di conoscere meglio: noi stessi. È difficile parlare di queste cose, specialmente con chi ci vuole bene. È difficile ammettere che a volte abbiamo pensato di non voler più lottare, perché tutto sembra troppo. “Se potessi raccontarti per davvero Le abitudini di cui non vado fiero Le malinconie le nostalgie perfino dei rimpianti Per le cose che se avessi adesso ancora qui davanti Le rifarei esattamente così Stessi errori stesse passioni E le stesse delusioni” Siamo consapevoli degli errori e delle abitudini, anche autodistruttive, di cui non ci vantiamo. Queste abitudini, forse, ci davano l'illusione di non sentire più nulla, di non pensare. Vorremmo raccontare di quei pensieri tristi, di ciò che o chi non c’è più, delle cose che abbiamo fatto o che non siamo riusciti a fare, di chi abbiamo lasciato andare. Nonostante tutto, è importante non pentirsi di ciò che abbiamo vissuto, pensato e provato. Rifaremmo esattamente gli stessi errori, con la stessa convinzione, perché forse non avremmo potuto, o voluto, fare altrimenti. “Vivere per amare Vivere per sognare Vivere per rischiare E vivere per diventare Vivere per adesso Vivere lo stesso Vivere per errore Vivere con passione Vivere solamente Vivere continuamente Vivere senza ricordo e senza rimpianto Senza rimpianto Senza rimpianto Senza rimpianto Se ti potessi dire…” Grazie a ciò che abbiamo vissuto, grazie ai momenti di sconforto, alla capacità di cadere e rialzarsi, di riconoscere i propri limiti e errori, e di chiedere aiuto, possiamo ora celebrare la vita. Una vita da vivere senza paura di ciò che è andato perduto e di ciò che poteva essere. Nel video di questa canzone, Vasco guarda se stesso allo specchio, diverso. Le canzoni si cantano perché gli altri le ascoltino, ma in fondo è a noi stessi che vorremmo riuscire a parlare, per non dimenticare il dolore e i pensieri che ci hanno permesso di diventare ciò che siamo. Comprendiamo così ciò che è davvero importante: Vivere (“…e sorridere nei guai…”). [Link al video]( https://www.youtube.com/watch?v=e-6saUKqmqU )

  • CAMBIARE LA PROSPETTIVA SUL SUICIDIO: INIZIAMO A PARLARNE

    La Giornata Mondiale per la Prevenzione del Suicidio, che si celebra il 10 settembre di ogni anno, è un'occasione importante per riflettere su un tema che, purtroppo, rimane spesso avvolto nel silenzio. Con oltre 700.000 morti ogni anno a livello mondiale, il suicidio rappresenta una sfida urgente per la salute pubblica, con ripercussioni devastanti su famiglie, comunità e società. Il Tema del 2024-2026: "Cambiare Prospettiva sul Suicidio" Il tema triennale per la Giornata Mondiale della Prevenzione del Suicidio dal 2024 al 2026 è "Cambiare la prospettiva sul suicidio". Questo tema va oltre lo slogan: è un vero invito all'azione. Ci esorta a trasformare il modo in cui pensiamo e parliamo del suicidio, passando da una cultura del silenzio e dello stigma a una di apertura, comprensione e sostegno. Perché È Importante Cambiare la Prospettiva Il suicidio è spesso circondato da tabù, pregiudizi e paura. Questo silenzio può impedire alle persone di cercare aiuto, alimentando sentimenti di isolamento e disperazione. Cambiare la prospettiva significa affrontare questi pregiudizi e aprire uno spazio di dialogo, in cui le persone si sentano accolte e supportate. Iniziamo a parlarne: Un Invito all'Azione La prevenzione del suicidio inizia dallo scambio. Anche un gesto semplice, una parola di incoraggiamento o un ascolto attento possono fare la differenza. Il tema di quest'anno ci invita tutti a diventare parte del cambiamento: parliamo apertamente del suicidio, offriamo sostegno e incoraggiamo chi ne ha bisogno a cercare aiuto . L'importanza delle Politiche di Prevenzione Cambiare prospettiva non è solo un impegno individuale, ma richiede anche un cambiamento a livello sociale e politico. È fondamentale che i governi e le organizzazioni diano priorità alla Salute Mentale e alla prevenzione del suicidio. Questo include migliorare l'accesso alle cure, sostenere chi è in difficoltà e promuovere una cultura di consapevolezza e supporto. Ricorda Dietro ad un suicidio c'è una tragedia che potrebbe essere evitata. Oggi, più che mai, è importante che tutti noi ci impegniamo a fare la nostra parte per cambiare la prospettiva sul suicidio. Iniziamo a parlarne, sosteniamo chi ne ha bisogno e lavoriamo insieme per creare un mondo in cui nessuno debba affrontare la disperazione da solo. Del resto... "Se ti potessi dire quante volte ho pianto per capire, quante volte sono stato sul punto di lasciarmi andare all'inferno della mente, quell'inferno che esiste veramente, esiste veramente.." LINK UTILI: https://www.prevenireilsuicidio.it https://www.iasp.info https://www.telefonoamico.it #WorldSuicidePreventionDay #nonparlarneèunsuicidio #setipotessidire

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